Siamo al via, riparte la serie A, la terza stagione intera sotto la gestione Saputo.
Tante incertezze, molte figlie dello scorso campionato, tante altre figlie di un mercato approssimativo e anemico che ha di fatto sconfessato il progetto giovani per far posto a giocatori più maturi, molti dei quali però reduci da stagioni fallimentari come Gonzales del Palermo o da anni relegati al ruolo di comprimari e pertanto senza ritmo partita come l'esperto Palacio.
Poco spazio ai sogni dunque, visto che le uniche scommesse che potevano destare qualche curiosità, gli ex ternani Falletti e Avenatti, sono entrambi ai box, il primo per l'intervento killer di Hubner nell'amichevole con l'Hoffenheim, il secondo per non aver passato le visite mediche a causa di non meglio precisati problemi di salute.
Se per quanto riguarda l'aspetto sportivo non paiono esserci molti motivi per gioire, lo stesso si può dire per quanto riguarda il progetto del nuovo stadio Dall'Ara: la nuova legge cambia i piani per quanto riguarda le famigerate aree compensative e questo provocherà con ogni probabilità nuovi ritardi e intralci burocratici dei quali non si sentiva assolutamente il bisogno.
Ai tifosi semplici di queste aree non importa nulla, a chi investe invece fanno ovviamente gola ed il core business di tutta l'operazione gira appunto attorno a questa ripartizione che col campo nulla ha a che vedere.
Personalmente alla questione stadio mi sono sempre interessato il giusto. Un'altra telenovela per riempire i giornali con i soliti e scontati articoli pieni di nulla e le interviste all'illuminato di turno che rappresenta qualche inutile associazione cittadina che vuole essere coinvolta nella ripartizione della torta tra i soliti poteri noti in città.
Io allo stadio andrei comunque, pioggia, sole, neve ed il Dall'Ara così com'è continua a piacermi da matti: trasuda storia e tradizione, sarà meno moderno e meno conforme agli standard di sicurezza odierni, ma rispetto agli impianti asettici è ancora di un altro pianeta. Si, le curve più vicine permetterebbero di vedere meglio, ma per contro le folli corse degli attaccanti sotto la curva Andrea Costa dopo un gol non ci sarebbero più...
Ma ci sta, il mondo evolve ed è naturale che si cerchi di modernizzare un impianto con quasi un secolo di vita alle spalle.
L'unico aspetto che mi permetto di criticare con fermezza riguarda la capienza prevista: a Bologna 25000 posti sono un insulto al blasone della squadra e alle potenzialità della piazza, un impianto che dovrà essere fruito per i prossimi 50 anni non deve avere meno di 30000 spettatori solo a disposizione dei bolognesi, escluso quindi il settore ospiti. Quindi almeno 33000 oppure, se si volesse omaggiare la tradizione del club, si potrebbe fare da 31909, richiamando l'anno di fondazione della società. Piccolino, ma non tanto da risultare un insulto alle potenzialità e all'importanza della piazza.
E a chi si lamenta delle recenti e sgradevoli invasioni di tifosi avversari e usa l'argomento come alibi per giustificare uno stadietto più piccolo del Manuzzi di Cesena, rispondo che l'anno di Baggio eravamo 32000 di media in uno stadio da 38000 e che di tifosi ospiti ne avevo visti davvero pochi "sbocciare" come fanno ora. Già allora c'era Telepiù a trasmettere tutte le partite e con qualche "accorgimento" alcuni riuscivano a vedere la partita anche gratis, ma la vera differenza la facevano una squadra che al Dall'Ara affrontava tutti con l'unico obiettivo di vincere (e spesso e volentieri ci riusciva anche con le grandi) e i numerosi campioni che indossavano la nostra maglia (Baggio, Signori, Pagliuca, Andersson, Kolyvanov, Cruz e non me ne vogliano gli altri).
A questo deve badare il tifoso, alla squadra e a come questa onora e difende i colori che indossa: si parla di troppe cose che col calcio non hanno nulla a che fare e che sono anni luce lontane dal mio modo di intendere lo sport.
Il tifoso deve fare il tifoso, il contabile deve fare il contabile: il calcio vive di sogni, a smorzare il nostro entusiasmo ci pensa già la noiosa vita di tutti i giorni. E' già dura far quadrare il nostro bilancio familiare e trovare i soldi necessari per abbonarsi, evitiamo di occuparci di quello di una società che solo in campagna abbonamenti incassa ciò che noi plebei potremmo guadagnare in circa 20 vite lavorando fino ai 75 anni.
Prima i debiti: ok, eravamo un barbone sdraiato su un cartone che chiedeva l'elemosina, ma ora con la 300/a famiglia più ricca del mondo come proprietaria dobbiamo ancora parlare di bilanci?
Ben venga il progetto di crescita graduale se questa implica un consolidamento, ma seguirlo avrebbe implicato trattenere i migliori e aggiungere giovani da lanciare e fare affermare in grado di sostituire di volta in volta i partenti cedendoli all'apice della parabola della loro carriera e del loro valore, utilizzando il ricavato per rinforzare gli altri reparti con giocatori via via sempre più di livello e scommesse che siano di volta in volta meno "scommesse" ma diano sempre più garanzie nell'immediato: il primo esempio che mi viene in mente è quello di Baggio, ceduto al Milan a peso d'oro quando Del Piero si era già affermato ad alto livello e si era dimostrato in grado di sostituirlo degnamente ritagliandosi sempre più spazio ai danni del Divin Codino. Fu una cessione clamorosa, ma sostanzialmente indolore per la Ju...insomma per quella squadraccia là, mi infastidisce anche scriverne il nome.
Purtroppo qui ad oggi non si sta ragionando in questi termini: Diawara, unico vero jolly pescato in questi tre anni lasciato partire subito per una cifra ridicola in confronto a quelle richieste da altre squadre per i loro gioielli, facendo anche la figura dei dilettanti cedendo senza resistenza ai ricatti del procuratore, sostituito da chi? Pulgar?
Dzemaili, giocatore di caratura europea rilanciatosi qui e importante anche a livello realizzativo, sostituito da chi? Nagy? La speranza si ripone tutta su un Poli in cerca di rilancio, ma si parla di giocatori profondamente differenti, anche come attitudine offensiva.
Lo stesso Verdi lanciato per rimpiazzare Giaccherini è stata una scommessa vinta, ma molto rischiosa: Simone fino ad oggi non aveva fatto intravedere potenzialità simili e come questa volta la politica dell'azzardo pare abbia pagato, non è purtroppo detto che lo faccia sempre.
E arrivando 15esimi i margini di errore non sono così grandi. Ci sono infortuni e tante variabili che vanno messe in conto.
Ogni anno si riparte con delle scommesse e i punti fermi non sono dei cardini, ma giocatori che restano qui solo perché prigionieri del loro contratto o della cifra spropositata versata per il loro cartellino.
Tenere Diawara e Dzemaili non era impossibile, come confermare lo stesso Giaccherini in attesa che Verdi e Di Francesco si rivelassero idonei a prenderne il posto. E allo stesso modo non sarebbe ora impossibile prendere un giocatore di richiamo, sarebbe un investimento che si ripagherebbe da solo solo con sponsor, merchandising, abbonamenti e ritorno di immagine.
Avere un proprietario ricco dovrebbe consentire di ragionare in questi termini: altrimenti rispetto alle realtà costruite da Percassi e Campedelli abbiamo solo qualche milione in più di diritti tv e di incassi dai botteghini, visto che il blasone sbiadito che ormai si respira solo dentro alle mura non fa più appeal sui giocatori come un tempo.
Ci sarebbero tutte le potenzialità economiche per ragionare in questi termini senza svenarsi, il punto è che chi comanda la baracca non vuole.
Ed è sui motivi di questa scelta che bisogna interrogarsi: alla luce delle dichiarazioni volte a smorzare l'entusiasmo, alle campagne acquisti anemiche, alla capienza prevista per lo stadio e ai sempre più frequenti autogol comunicativi, c'è davvero la volontà di andare a mangiare nella torta delle grandi e mettersi a fare concorrenza sul mercato all'amico Agnelli e ai potenti del calcio?
Io lo speravo e lo spero ancora, ma per questo percorso di crescita avevamo a disposizione un'autostrada a sei corsie e abbiamo scelto deliberatamente di percorrere la Salerno-Reggio Calabria.
Se attorno al campo si sono fatte cose lodevoli come il centro tecnico e qualche lavoretto allo stadio, per quanto riguarda il rettangolo verde e la comunicazione si è lavorato malissimo e i risultati purtroppo lo testimoniano. Record negativi sul campo (1-7 contro il Napoli, la sconfitta interna contro il Milan in 11 contro nove e l'inopinato recente 0-3 in coppa Italia contro una formazione di bassa serie B) a cui si aggiunge l'incomprensibile scelta di marketing di stravolgere i colori sociali del logo sulla prima maglia: scivoloni che hanno macchiato indelebilmente il curriculum di questa società dalla quale ci si aspettava ben altro, inutile negarlo. E la piazza sta giustamente perdendo la pazienza, come testimoniano i comunicati di Futuro Rossoblù e del Centro Bologna Clubs mirati a chiedere conto di una gestione sportiva al di sotto delle aspettative dei più pessimisti.
C'è tempo e modo di porre rimedio a tutto ciò, noi tifosi ci crediamo ancora, ma la squadra di cui andare fieri l'anno scorso non l'abbiamo vista e quest'anno è tutt'altro che chiara la volontà di svoltare e scongiurare l'eventualità del ripetersi di una stagione simile. Si tratta ancora di attingere alla nostra fede e alla nostra pazienza e lasciare nel cassetto ancora per un po' i nostri sogni. E noi tifosi del Bologna di pazienza ne abbiamo tanta rispetto ai sostenitori di altre squadre, ma non è inesauribile.
La riconoscenza è eterna, il sostegno no.
Basta alibi, dopo tre anni è lecito aspettarsi un cambio di marcia, appunto quella squadra di cui andare fieri che ci era stata promessa. Non l'Europa. Pretendiamo il minimo sindacale da una proprietà che non deve contare i ramini nelle proprie tasche o vendere dei garage a Zola Predosa per pagare i fornitori, ossia non vedere più infangato il nostro simbolo che campeggia sulla maglia con risultati negativi da guinness dei primati.
Ah dimenticavo: quest'anno questo rischio è stato scongiurato in partenza...
Stasera si ricomincia. Buon campionato a tutti.
Forza Bologna.
Tante incertezze, molte figlie dello scorso campionato, tante altre figlie di un mercato approssimativo e anemico che ha di fatto sconfessato il progetto giovani per far posto a giocatori più maturi, molti dei quali però reduci da stagioni fallimentari come Gonzales del Palermo o da anni relegati al ruolo di comprimari e pertanto senza ritmo partita come l'esperto Palacio.
Poco spazio ai sogni dunque, visto che le uniche scommesse che potevano destare qualche curiosità, gli ex ternani Falletti e Avenatti, sono entrambi ai box, il primo per l'intervento killer di Hubner nell'amichevole con l'Hoffenheim, il secondo per non aver passato le visite mediche a causa di non meglio precisati problemi di salute.
Se per quanto riguarda l'aspetto sportivo non paiono esserci molti motivi per gioire, lo stesso si può dire per quanto riguarda il progetto del nuovo stadio Dall'Ara: la nuova legge cambia i piani per quanto riguarda le famigerate aree compensative e questo provocherà con ogni probabilità nuovi ritardi e intralci burocratici dei quali non si sentiva assolutamente il bisogno.
Ai tifosi semplici di queste aree non importa nulla, a chi investe invece fanno ovviamente gola ed il core business di tutta l'operazione gira appunto attorno a questa ripartizione che col campo nulla ha a che vedere.
Personalmente alla questione stadio mi sono sempre interessato il giusto. Un'altra telenovela per riempire i giornali con i soliti e scontati articoli pieni di nulla e le interviste all'illuminato di turno che rappresenta qualche inutile associazione cittadina che vuole essere coinvolta nella ripartizione della torta tra i soliti poteri noti in città.
Io allo stadio andrei comunque, pioggia, sole, neve ed il Dall'Ara così com'è continua a piacermi da matti: trasuda storia e tradizione, sarà meno moderno e meno conforme agli standard di sicurezza odierni, ma rispetto agli impianti asettici è ancora di un altro pianeta. Si, le curve più vicine permetterebbero di vedere meglio, ma per contro le folli corse degli attaccanti sotto la curva Andrea Costa dopo un gol non ci sarebbero più...
Ma ci sta, il mondo evolve ed è naturale che si cerchi di modernizzare un impianto con quasi un secolo di vita alle spalle.
L'unico aspetto che mi permetto di criticare con fermezza riguarda la capienza prevista: a Bologna 25000 posti sono un insulto al blasone della squadra e alle potenzialità della piazza, un impianto che dovrà essere fruito per i prossimi 50 anni non deve avere meno di 30000 spettatori solo a disposizione dei bolognesi, escluso quindi il settore ospiti. Quindi almeno 33000 oppure, se si volesse omaggiare la tradizione del club, si potrebbe fare da 31909, richiamando l'anno di fondazione della società. Piccolino, ma non tanto da risultare un insulto alle potenzialità e all'importanza della piazza.
E a chi si lamenta delle recenti e sgradevoli invasioni di tifosi avversari e usa l'argomento come alibi per giustificare uno stadietto più piccolo del Manuzzi di Cesena, rispondo che l'anno di Baggio eravamo 32000 di media in uno stadio da 38000 e che di tifosi ospiti ne avevo visti davvero pochi "sbocciare" come fanno ora. Già allora c'era Telepiù a trasmettere tutte le partite e con qualche "accorgimento" alcuni riuscivano a vedere la partita anche gratis, ma la vera differenza la facevano una squadra che al Dall'Ara affrontava tutti con l'unico obiettivo di vincere (e spesso e volentieri ci riusciva anche con le grandi) e i numerosi campioni che indossavano la nostra maglia (Baggio, Signori, Pagliuca, Andersson, Kolyvanov, Cruz e non me ne vogliano gli altri).
A questo deve badare il tifoso, alla squadra e a come questa onora e difende i colori che indossa: si parla di troppe cose che col calcio non hanno nulla a che fare e che sono anni luce lontane dal mio modo di intendere lo sport.
Il tifoso deve fare il tifoso, il contabile deve fare il contabile: il calcio vive di sogni, a smorzare il nostro entusiasmo ci pensa già la noiosa vita di tutti i giorni. E' già dura far quadrare il nostro bilancio familiare e trovare i soldi necessari per abbonarsi, evitiamo di occuparci di quello di una società che solo in campagna abbonamenti incassa ciò che noi plebei potremmo guadagnare in circa 20 vite lavorando fino ai 75 anni.
Prima i debiti: ok, eravamo un barbone sdraiato su un cartone che chiedeva l'elemosina, ma ora con la 300/a famiglia più ricca del mondo come proprietaria dobbiamo ancora parlare di bilanci?
Ben venga il progetto di crescita graduale se questa implica un consolidamento, ma seguirlo avrebbe implicato trattenere i migliori e aggiungere giovani da lanciare e fare affermare in grado di sostituire di volta in volta i partenti cedendoli all'apice della parabola della loro carriera e del loro valore, utilizzando il ricavato per rinforzare gli altri reparti con giocatori via via sempre più di livello e scommesse che siano di volta in volta meno "scommesse" ma diano sempre più garanzie nell'immediato: il primo esempio che mi viene in mente è quello di Baggio, ceduto al Milan a peso d'oro quando Del Piero si era già affermato ad alto livello e si era dimostrato in grado di sostituirlo degnamente ritagliandosi sempre più spazio ai danni del Divin Codino. Fu una cessione clamorosa, ma sostanzialmente indolore per la Ju...insomma per quella squadraccia là, mi infastidisce anche scriverne il nome.
Purtroppo qui ad oggi non si sta ragionando in questi termini: Diawara, unico vero jolly pescato in questi tre anni lasciato partire subito per una cifra ridicola in confronto a quelle richieste da altre squadre per i loro gioielli, facendo anche la figura dei dilettanti cedendo senza resistenza ai ricatti del procuratore, sostituito da chi? Pulgar?
Dzemaili, giocatore di caratura europea rilanciatosi qui e importante anche a livello realizzativo, sostituito da chi? Nagy? La speranza si ripone tutta su un Poli in cerca di rilancio, ma si parla di giocatori profondamente differenti, anche come attitudine offensiva.
Lo stesso Verdi lanciato per rimpiazzare Giaccherini è stata una scommessa vinta, ma molto rischiosa: Simone fino ad oggi non aveva fatto intravedere potenzialità simili e come questa volta la politica dell'azzardo pare abbia pagato, non è purtroppo detto che lo faccia sempre.
E arrivando 15esimi i margini di errore non sono così grandi. Ci sono infortuni e tante variabili che vanno messe in conto.
Ogni anno si riparte con delle scommesse e i punti fermi non sono dei cardini, ma giocatori che restano qui solo perché prigionieri del loro contratto o della cifra spropositata versata per il loro cartellino.
Tenere Diawara e Dzemaili non era impossibile, come confermare lo stesso Giaccherini in attesa che Verdi e Di Francesco si rivelassero idonei a prenderne il posto. E allo stesso modo non sarebbe ora impossibile prendere un giocatore di richiamo, sarebbe un investimento che si ripagherebbe da solo solo con sponsor, merchandising, abbonamenti e ritorno di immagine.
Avere un proprietario ricco dovrebbe consentire di ragionare in questi termini: altrimenti rispetto alle realtà costruite da Percassi e Campedelli abbiamo solo qualche milione in più di diritti tv e di incassi dai botteghini, visto che il blasone sbiadito che ormai si respira solo dentro alle mura non fa più appeal sui giocatori come un tempo.
Ci sarebbero tutte le potenzialità economiche per ragionare in questi termini senza svenarsi, il punto è che chi comanda la baracca non vuole.
Ed è sui motivi di questa scelta che bisogna interrogarsi: alla luce delle dichiarazioni volte a smorzare l'entusiasmo, alle campagne acquisti anemiche, alla capienza prevista per lo stadio e ai sempre più frequenti autogol comunicativi, c'è davvero la volontà di andare a mangiare nella torta delle grandi e mettersi a fare concorrenza sul mercato all'amico Agnelli e ai potenti del calcio?
Io lo speravo e lo spero ancora, ma per questo percorso di crescita avevamo a disposizione un'autostrada a sei corsie e abbiamo scelto deliberatamente di percorrere la Salerno-Reggio Calabria.
Se attorno al campo si sono fatte cose lodevoli come il centro tecnico e qualche lavoretto allo stadio, per quanto riguarda il rettangolo verde e la comunicazione si è lavorato malissimo e i risultati purtroppo lo testimoniano. Record negativi sul campo (1-7 contro il Napoli, la sconfitta interna contro il Milan in 11 contro nove e l'inopinato recente 0-3 in coppa Italia contro una formazione di bassa serie B) a cui si aggiunge l'incomprensibile scelta di marketing di stravolgere i colori sociali del logo sulla prima maglia: scivoloni che hanno macchiato indelebilmente il curriculum di questa società dalla quale ci si aspettava ben altro, inutile negarlo. E la piazza sta giustamente perdendo la pazienza, come testimoniano i comunicati di Futuro Rossoblù e del Centro Bologna Clubs mirati a chiedere conto di una gestione sportiva al di sotto delle aspettative dei più pessimisti.
C'è tempo e modo di porre rimedio a tutto ciò, noi tifosi ci crediamo ancora, ma la squadra di cui andare fieri l'anno scorso non l'abbiamo vista e quest'anno è tutt'altro che chiara la volontà di svoltare e scongiurare l'eventualità del ripetersi di una stagione simile. Si tratta ancora di attingere alla nostra fede e alla nostra pazienza e lasciare nel cassetto ancora per un po' i nostri sogni. E noi tifosi del Bologna di pazienza ne abbiamo tanta rispetto ai sostenitori di altre squadre, ma non è inesauribile.
La riconoscenza è eterna, il sostegno no.
Basta alibi, dopo tre anni è lecito aspettarsi un cambio di marcia, appunto quella squadra di cui andare fieri che ci era stata promessa. Non l'Europa. Pretendiamo il minimo sindacale da una proprietà che non deve contare i ramini nelle proprie tasche o vendere dei garage a Zola Predosa per pagare i fornitori, ossia non vedere più infangato il nostro simbolo che campeggia sulla maglia con risultati negativi da guinness dei primati.
Ah dimenticavo: quest'anno questo rischio è stato scongiurato in partenza...
Stasera si ricomincia. Buon campionato a tutti.
Forza Bologna.
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