E' veramente triste per me pensare che questo blog, recentemente creato, abbia forse descritto gli ultimi battiti d'ali dell'Aquila biancoblù. Il rammarico è ancora più grande rileggendo le parole del post nel quale celebravo la promozione ai danni di Forlì: all'epoca si sapeva che la situazione finanziaria del club non era delle più rosee, ma nessuno si sarebbe aspettato un epilogo simile, con la Effe esclusa dalla Legadue e costretta a ripartire (se mai ripartirà) dal campionato regionale di Prima Divisione. O forse nessuno voleva davvero crederci.
Giusto per la cronaca, io non sono nato fortitudino: lo sono diventato. Anche se forse il biancoblù ce l'avevo già nel sangue senza saperlo.
Correva l'anno 1993: all'epoca il sottoscritto era poco più di un bambino e non sapeva nemmeno che a Bologna ci fossero due realtà cestistiche seguite con tanto calore. Il basket lo conoscevo appena: ricordo ancora le dirette sulla Rai dei secondi tempi delle partite di cartello, nelle quali vedevo trionfare una certa Knorr Bologna (la Virtus, per intenderci). Ricordo che all'epoca ero contento ed orgoglioso del fatto che la mia città salisse sul tetto d'Italia in uno sport, anche se non era il calcio. In quel periodo il glorioso Bologna F.C., che seguivo assiduamente e con passione, viveva il periodo più buio della sua storia: era appena precipitato negli inferi della serie C e rischiava seriamente di sparire dal panorama calcistico italiano. Era umiliante andare a scuola e sentirmi preso in giro dagli altri ragazzini che tifavano Milan, Juve, Inter, Napoli e persino Foggia mentre la mia squadra scivolava nell'anonimato delle serie minori e potevo sentirne parlare solo per pochi secondi nel Tg regionale di Rai Tre. Rammento ancora le domeniche pomeriggio trascorse a cercare disperatamente una stazione radio che trasmettesse gli epici scontri in quel di Leffe o Palazzolo: spesso, non riuscendo a mantenere la sintonia, mi vedevo costretto a seguire l'evolversi del risultato sul televideo, che però aggiornava i risultati di C1 con venti minuti di ritardo (come minimo...). Che tempi...
In quel periodo sapere che nel basket c'era una realtà bolognese che "le suonava" agli altri fu un'ancora di salvezza che mi permise di poter affrontare a testa alta i ragazzini che mi prendevano in giro al campetto di calcio vicino a casa mia, dicendo loro che a difendere i colori della mia città non c'era solo il Bologna che prendeva schiaffoni da tutti ma anche una squadra di pallacanestro che gli schiaffoni li dava. Poi ricordo come se fosse ieri una frase detta da un ragazzo che stava giocando con me: l'anno prossimo Bologna avrà di nuovo due squadre di basket in serie A1, la Mangiaebevi è stata promossa. Io non ne sapevo nulla, ma una volta rincasato mi ero ripromesso di controllare su televideo se quella notizia fosse vera o meno. Ed ebbi la fortuna di imbattermi in una replica su Rete7 del match decisivo contro Rimini, con un Dallas Comegys monumentale sotto canestro.
Fu così che seppi dell'esistenza della Fortitudo.
Non sapevo della rivalità storica con la Virtus, tant'è che nella stagione 1993-94 ero contento nel vedere le V nere targate Buckler al primo posto in A1: ma c'era qualcosa, non so cosa, che mi attraeva in quella Filodoro BO che sebbene avesse 6 punti di penalità aveva trovato la forza di risalire fino alle prime posizioni della classifica...
Sarà che a me non è mai piaciuto salire sul carro dei vincitori, sarà che veder quella squadra neopromossa là in alto nonostante quel -6 mi aveva entusiasmato, sarà che il blu mi piace più del nero: tant'è che da quella iniziale simpatia è nato il mio amore incondizionato per la Effe scudata. Amore rafforzato nel tempo anche dalla consapevolezza che Virtus e Fortitudo sono sì due squadre di basket, ma che dietro alla loro storia si nascondono le due anime della città di Bologna: quella ricca e un po' snob, abituata a vincere facile nello sport e nella vita e quella più operaia, per la quale ogni soddisfazione, anche la più piccola, è figlia di mille sofferenze.
Beh, per me la scelta è stata automatica e non la rimpiangerò mai. Perché le gioie e le emozioni che mi ha saputo regalare questa squadra sono impagabili. L'attesa per un successo che sembrava non voler arrivare mai, nonostante anni di superiorità tecnica incontrastata, non ha mai intaccato la mia fiducia: sapevo che un giorno quella formazione che non aveva mai provato la gioia di alzare un trofeo ce l'avrebbe fatta e sapevo che quello sarebbe stato un evento unico e indimenticabile. E aver vissuto quel sogno, per ben due volte, non ha prezzo.
Ho avuto il privilegio di vivere la grande parabola della Fortitudo, di innamorarmi di lei quando era solo un brutto anatroccolo deriso dal cigno bianconero e di vederla anno dopo anno crescere fino a ribaltare le storiche gerarchie cittadine. La sua epopea vincente l'ha portata a conquistare 10 finali in undici anni, 2 scudetti, una coppa Italia, 2 supercoppe italiane ed una finale di Eurolega. Forse è poco per chi è abituato a vincere facile: ma per chi non lo è, fidatevi, è tanto, tantissimo.
Persino la recente impresa contro Forlì, purtroppo inutile dal punto di vista sportivo, resterà per sempre scolpita nella mia memoria ed in quella di tutti i tifosi biancoblù.
Purtroppo il sogno è finito: in questi giorni la grande Aquila ha smesso di volare, esclusa da quella Legadue conquistata all'ultimo respiro poco più di un mese fa, ancora in mano al suo carnefice che le ha sadicamente strappato le piume una ad una, costringendola ad un'agonia lenta e crudele. Non si sa nulla su quale sarà il suo futuro: c'è chi pensa sia meglio farle un'iniezione letale e lasciarla spirare con dignità, per poi allevare un nuovo aquilotto e cercare di insegnargli a volare; c'è chi invece vorrebbe salvarla, perché vederne un'altra librarsi nell'aria, seppur con lo stesso nome, probabilmente non sarebbe la stessa cosa.
In ogni caso, comunque vada a finire, voglio solo dire una cosa a questa vecchia Aquila: forse non volerai mai più così in alto, ma io non finirò mai di ringraziarti per avermi portato sulla tua schiena durante il tuo splendido volo. Da lassù era davvero tutto più bello e queste emozioni nessuno me le porterà via. Mai.
Ora però nel mio cuore c'è solo rabbia e delusione: non potrebbe essere altrimenti. Ma mai rassegnazione: altrimenti non avrei il sangue biancoblù nelle vene.
Lo striscione che da anni campeggia sopra alla Fossa recita: "Nessuna tempesta distruggerà la nostra Fede". Bene, la tempesta più devastante di sempre è arrivata (ed ha un nome ed un cognome): chi sopravviverà ad essa dimostrerà di essere un vero fortitudino. A tutti gli altri che dire? Sappiano che alla Futurshow Station ci sono tantissimi posti liberi.
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Giusto per la cronaca, io non sono nato fortitudino: lo sono diventato. Anche se forse il biancoblù ce l'avevo già nel sangue senza saperlo.
Correva l'anno 1993: all'epoca il sottoscritto era poco più di un bambino e non sapeva nemmeno che a Bologna ci fossero due realtà cestistiche seguite con tanto calore. Il basket lo conoscevo appena: ricordo ancora le dirette sulla Rai dei secondi tempi delle partite di cartello, nelle quali vedevo trionfare una certa Knorr Bologna (la Virtus, per intenderci). Ricordo che all'epoca ero contento ed orgoglioso del fatto che la mia città salisse sul tetto d'Italia in uno sport, anche se non era il calcio. In quel periodo il glorioso Bologna F.C., che seguivo assiduamente e con passione, viveva il periodo più buio della sua storia: era appena precipitato negli inferi della serie C e rischiava seriamente di sparire dal panorama calcistico italiano. Era umiliante andare a scuola e sentirmi preso in giro dagli altri ragazzini che tifavano Milan, Juve, Inter, Napoli e persino Foggia mentre la mia squadra scivolava nell'anonimato delle serie minori e potevo sentirne parlare solo per pochi secondi nel Tg regionale di Rai Tre. Rammento ancora le domeniche pomeriggio trascorse a cercare disperatamente una stazione radio che trasmettesse gli epici scontri in quel di Leffe o Palazzolo: spesso, non riuscendo a mantenere la sintonia, mi vedevo costretto a seguire l'evolversi del risultato sul televideo, che però aggiornava i risultati di C1 con venti minuti di ritardo (come minimo...). Che tempi...
In quel periodo sapere che nel basket c'era una realtà bolognese che "le suonava" agli altri fu un'ancora di salvezza che mi permise di poter affrontare a testa alta i ragazzini che mi prendevano in giro al campetto di calcio vicino a casa mia, dicendo loro che a difendere i colori della mia città non c'era solo il Bologna che prendeva schiaffoni da tutti ma anche una squadra di pallacanestro che gli schiaffoni li dava. Poi ricordo come se fosse ieri una frase detta da un ragazzo che stava giocando con me: l'anno prossimo Bologna avrà di nuovo due squadre di basket in serie A1, la Mangiaebevi è stata promossa. Io non ne sapevo nulla, ma una volta rincasato mi ero ripromesso di controllare su televideo se quella notizia fosse vera o meno. Ed ebbi la fortuna di imbattermi in una replica su Rete7 del match decisivo contro Rimini, con un Dallas Comegys monumentale sotto canestro.
Fu così che seppi dell'esistenza della Fortitudo.
Non sapevo della rivalità storica con la Virtus, tant'è che nella stagione 1993-94 ero contento nel vedere le V nere targate Buckler al primo posto in A1: ma c'era qualcosa, non so cosa, che mi attraeva in quella Filodoro BO che sebbene avesse 6 punti di penalità aveva trovato la forza di risalire fino alle prime posizioni della classifica...
Sarà che a me non è mai piaciuto salire sul carro dei vincitori, sarà che veder quella squadra neopromossa là in alto nonostante quel -6 mi aveva entusiasmato, sarà che il blu mi piace più del nero: tant'è che da quella iniziale simpatia è nato il mio amore incondizionato per la Effe scudata. Amore rafforzato nel tempo anche dalla consapevolezza che Virtus e Fortitudo sono sì due squadre di basket, ma che dietro alla loro storia si nascondono le due anime della città di Bologna: quella ricca e un po' snob, abituata a vincere facile nello sport e nella vita e quella più operaia, per la quale ogni soddisfazione, anche la più piccola, è figlia di mille sofferenze.
Beh, per me la scelta è stata automatica e non la rimpiangerò mai. Perché le gioie e le emozioni che mi ha saputo regalare questa squadra sono impagabili. L'attesa per un successo che sembrava non voler arrivare mai, nonostante anni di superiorità tecnica incontrastata, non ha mai intaccato la mia fiducia: sapevo che un giorno quella formazione che non aveva mai provato la gioia di alzare un trofeo ce l'avrebbe fatta e sapevo che quello sarebbe stato un evento unico e indimenticabile. E aver vissuto quel sogno, per ben due volte, non ha prezzo.
Ho avuto il privilegio di vivere la grande parabola della Fortitudo, di innamorarmi di lei quando era solo un brutto anatroccolo deriso dal cigno bianconero e di vederla anno dopo anno crescere fino a ribaltare le storiche gerarchie cittadine. La sua epopea vincente l'ha portata a conquistare 10 finali in undici anni, 2 scudetti, una coppa Italia, 2 supercoppe italiane ed una finale di Eurolega. Forse è poco per chi è abituato a vincere facile: ma per chi non lo è, fidatevi, è tanto, tantissimo.
Persino la recente impresa contro Forlì, purtroppo inutile dal punto di vista sportivo, resterà per sempre scolpita nella mia memoria ed in quella di tutti i tifosi biancoblù.
Purtroppo il sogno è finito: in questi giorni la grande Aquila ha smesso di volare, esclusa da quella Legadue conquistata all'ultimo respiro poco più di un mese fa, ancora in mano al suo carnefice che le ha sadicamente strappato le piume una ad una, costringendola ad un'agonia lenta e crudele. Non si sa nulla su quale sarà il suo futuro: c'è chi pensa sia meglio farle un'iniezione letale e lasciarla spirare con dignità, per poi allevare un nuovo aquilotto e cercare di insegnargli a volare; c'è chi invece vorrebbe salvarla, perché vederne un'altra librarsi nell'aria, seppur con lo stesso nome, probabilmente non sarebbe la stessa cosa.
In ogni caso, comunque vada a finire, voglio solo dire una cosa a questa vecchia Aquila: forse non volerai mai più così in alto, ma io non finirò mai di ringraziarti per avermi portato sulla tua schiena durante il tuo splendido volo. Da lassù era davvero tutto più bello e queste emozioni nessuno me le porterà via. Mai.
Ora però nel mio cuore c'è solo rabbia e delusione: non potrebbe essere altrimenti. Ma mai rassegnazione: altrimenti non avrei il sangue biancoblù nelle vene.
Lo striscione che da anni campeggia sopra alla Fossa recita: "Nessuna tempesta distruggerà la nostra Fede". Bene, la tempesta più devastante di sempre è arrivata (ed ha un nome ed un cognome): chi sopravviverà ad essa dimostrerà di essere un vero fortitudino. A tutti gli altri che dire? Sappiano che alla Futurshow Station ci sono tantissimi posti liberi.