Chi pensava che per il glorioso Bologna Football Club 1909 il peggio fosse alle spalle, si sbagliava di grosso.
Massimo Zanetti si è dimesso dalla carica di presidente: un fulmine a ciel sereno che ha lasciato tutti a bocca aperta. Il re del caffè si è congedato con un freddo comunicato (leggi), nel quale ha dichiarato le dimissioni sia dalla carica di presidente, sia da quella di consigliere di amministrazione. Insieme a lui se ne vanno anche i suoi uomini di fiducia, il contestatissimo Baraldi e Trombetti.
Non è quindi durata nemmeno un mese la sua avventura al timone del Bologna, che a questo punto precipita di nuovo nel caos più totale.
I restanti soci di Bologna 2010, tutti proprietari di quote minoritarie, saranno quindi chiamati a provvedere all'aumento di capitale senza il contributo di Zanetti. L'ormai ex presidente ha in ogni caso lasciato a disposizione del Bologna i 4 milioni di euro versati, in quanto lo statuto non prevede il disimpegno di nessun socio prima di un anno.
I soci di Bologna 2010 in un comunicato stampa apparso sul sito del club hanno reso noto di aver nominato Marco Pavignani presidente pro tempore del club, in attesa dell'assemblea prevista per lunedì 24 nella quale dovrà essere completato l'aumento di capitale.
Dopo la sciagurata gestione Menarini e dopo il bluff Porcedda si pensava che nelle mani di Zanetti il Bologna potesse finalmente dormire sonni tranquilli, come peraltro promesso dallo stesso imprenditore trevigiano al suo insediamento: purtroppo non sarà così.
Ma perché un personaggio di tale calibro si sarebbe avventurato nel mondo del pallone per poi tirarsi indietro dopo nemmeno un mese? Di certezze non ve ne sono: ma di ipotesi se ne possono fare tante.
Numero 1: Zanetti non sarebbe mai stato del tutto convinto del suo ingresso in società e le polemiche nate dopo la nomina di Baraldi come AD sia tra i tifosi sia all'interno della stessa cordata lo avrebbero spinto a farsi da parte. Forse non ha sopportato le critiche che i soci e la stampa gli hanno riservato, credeva di avere libertà d'azione nonostante non disponesse della maggioranza assoluta ma dal momento che si è accorto di non poter operare in autonomia ha optato per lasciare ad altri la patata bollente.
Numero 2: nel piano ideato da Consorte, Zanetti avrebbe dovuto rappresentare solo un nome importante da dare in pasto all'opinione pubblica per convincere gli altri soci a partecipare al progetto e i tifosi ad aderire alle associazioni. L'incomprensibile nomina di Baraldi, notoriamente inviso a tifosi e giocatori, faceva parte del piano: far nascere polemiche e contrasti in tutto l'ambiente per giustificare un prematuro ed improvviso addio dell'azionista di maggioranza relativa. E perché Zanetti si sarebbe reso complice di questa farsa? Tanta, tantissima pubblicità.
Numero 3: i conti del Bologna sarebbero in uno stato ben più grave di quello prospettato da Consorte ai soci nel momento in cui ha dato il via al progetto di salvataggio. In tal senso si spiegherebbero gli improvvisi dietrofront prima di Tacopina, poi di Taçi e infine il crack sfiorato con la breve gestione Porcedda: Baraldi, dopo un'analisi più approfondita, potrebbe aver scoperto che in quei bilanci si nasconde qualcosa di strano e Zanetti una volta informato della situazione avrebbe così deciso di abbandonare una nave che fa acqua da tutte le parti.
Tutti scenari verosimili e allo stesso tempo inverosimili in questo giallo che per i tifosi rossoblù si sta trasformando in un vero e proprio horror.
Ed ora? Non resta che attendere il 24 gennaio per sapere cosa ne sarà del Bologna: capiremo se i soci avranno la volontà e la forza di traghettare la nave in porto dopo la fuga del comandante e quali scenari di mercato si apriranno.
Che giudizio dare sulla breve parentesi Zanetti?
Il giorno del suo insediamento ha avuto la brillante idea di presentare Baraldi, l'unico personaggio in grado di mettere malumore sia nello spogliatoio che tra i tifosi e prima di fare questa scelta non si è consultato con nessuno degli altri soci. Tutto legittimo, a patto che disponesse della maggioranza assoluta, ossia il 50% più uno delle quote: l'ex presidente ha assunto comportamenti da padrone quando non lo era affatto, indisponendo coloro che come lui hanno deciso di partecipare al progetto e che si sono trovati esclusi dalle decisioni più importanti (vedi la scelta di Baraldi come AD, nonostante non avesse di certo lasciato buoni ricordi...).
Dopo pochi giorni dal suo insediamento è partito per le ferie: scelta legittima, ma in quel momento decisamente inopportuna. Dopo la contestata nomina di Baraldi, sarebbe stato auspicabile che restasse in città per spegnere le polemiche sul nascere, spiegando le ragioni della sua scelta alla squadra e ai tifosi: così facendo avrebbe se non altro rafforzato la sua posizione di leader della cordata, conquistando la fiducia e il rispetto di gran parte dei soci.
Le prime mosse sul mercato sono state di basso, bassissimo profilo: decisamente non sufficienti a garantire la tranquillità promessa ad una squadra che dà la sensazione di avere dato finora il 110% delle proprie possibilità, ma che ciò nonostante si trova a sole tre lunghezze dal baratro, complici i punti di penalizzazione.
Infine la sua uscita di scena, affidata ad un comunicato alla vigilia di una partita fondamentale come quella contro la Lazio: un tempismo che non si addice a chi afferma di amare i colori rossoblù. Avrebbe se non altro potuto attendere e dare l'annuncio delle dimissioni nella giornata di lunedì, evitando di destabilizzare un gruppo di giocatori che finora è riuscito ad isolarsi dalle turbolenze che hanno investito la società in tutti questi mesi e che sicuramente non sentiva il bisogno di fronteggiare questa nuova tempesta.
Questo improvviso voltafaccia lascia una grande amarezza tra tutti quei tifosi che, illusi dal suo nome altisonante, hanno creduto che per il Bologna si aprisse un futuro dorato dopo anni e anni di sofferenze. In realtà, la sensazione è che lui non fosse mai stato pienamente convinto di entrare nel mondo del pallone. E' vero, aveva una solidità economica invidiabile e se solo avesse voluto avrebbe potuto garantire al Bologna un ritorno in grande stile tra le grandi del calcio: ma purtroppo non è questo lo Zanetti che è sbarcato sotto alle due torri. La realtà parla di una persona che nel calcio non voleva investire e che si è fatta coinvolgere controvoglia, ponendo da subito delle condizioni per aderire al progetto: non si era tuffato in questa avventura con il cuore.
Il Bologna merita un presidente che non consideri la sua carica come una mera qualifica, ma come una vera e propria missione: riportare il Bologna al livello che gli compete. Il re del caffé invece si è arreso subito, come quei bambini che se ne vanno col pallone se non si gioca sottostando alle loro regole. Doveva rappresentare un nuovo inizio e invece è stato solo una meteora che ha squarciato il cielo rossoblù abbagliando tutti con la sua luce e che ha lasciato dietro di sé solo un buio pesto.
Massimo Zanetti si è dimesso dalla carica di presidente: un fulmine a ciel sereno che ha lasciato tutti a bocca aperta. Il re del caffè si è congedato con un freddo comunicato (leggi), nel quale ha dichiarato le dimissioni sia dalla carica di presidente, sia da quella di consigliere di amministrazione. Insieme a lui se ne vanno anche i suoi uomini di fiducia, il contestatissimo Baraldi e Trombetti.
Non è quindi durata nemmeno un mese la sua avventura al timone del Bologna, che a questo punto precipita di nuovo nel caos più totale.
I restanti soci di Bologna 2010, tutti proprietari di quote minoritarie, saranno quindi chiamati a provvedere all'aumento di capitale senza il contributo di Zanetti. L'ormai ex presidente ha in ogni caso lasciato a disposizione del Bologna i 4 milioni di euro versati, in quanto lo statuto non prevede il disimpegno di nessun socio prima di un anno.
I soci di Bologna 2010 in un comunicato stampa apparso sul sito del club hanno reso noto di aver nominato Marco Pavignani presidente pro tempore del club, in attesa dell'assemblea prevista per lunedì 24 nella quale dovrà essere completato l'aumento di capitale.
Dopo la sciagurata gestione Menarini e dopo il bluff Porcedda si pensava che nelle mani di Zanetti il Bologna potesse finalmente dormire sonni tranquilli, come peraltro promesso dallo stesso imprenditore trevigiano al suo insediamento: purtroppo non sarà così.
Ma perché un personaggio di tale calibro si sarebbe avventurato nel mondo del pallone per poi tirarsi indietro dopo nemmeno un mese? Di certezze non ve ne sono: ma di ipotesi se ne possono fare tante.
Numero 1: Zanetti non sarebbe mai stato del tutto convinto del suo ingresso in società e le polemiche nate dopo la nomina di Baraldi come AD sia tra i tifosi sia all'interno della stessa cordata lo avrebbero spinto a farsi da parte. Forse non ha sopportato le critiche che i soci e la stampa gli hanno riservato, credeva di avere libertà d'azione nonostante non disponesse della maggioranza assoluta ma dal momento che si è accorto di non poter operare in autonomia ha optato per lasciare ad altri la patata bollente.
Numero 2: nel piano ideato da Consorte, Zanetti avrebbe dovuto rappresentare solo un nome importante da dare in pasto all'opinione pubblica per convincere gli altri soci a partecipare al progetto e i tifosi ad aderire alle associazioni. L'incomprensibile nomina di Baraldi, notoriamente inviso a tifosi e giocatori, faceva parte del piano: far nascere polemiche e contrasti in tutto l'ambiente per giustificare un prematuro ed improvviso addio dell'azionista di maggioranza relativa. E perché Zanetti si sarebbe reso complice di questa farsa? Tanta, tantissima pubblicità.
Numero 3: i conti del Bologna sarebbero in uno stato ben più grave di quello prospettato da Consorte ai soci nel momento in cui ha dato il via al progetto di salvataggio. In tal senso si spiegherebbero gli improvvisi dietrofront prima di Tacopina, poi di Taçi e infine il crack sfiorato con la breve gestione Porcedda: Baraldi, dopo un'analisi più approfondita, potrebbe aver scoperto che in quei bilanci si nasconde qualcosa di strano e Zanetti una volta informato della situazione avrebbe così deciso di abbandonare una nave che fa acqua da tutte le parti.
Tutti scenari verosimili e allo stesso tempo inverosimili in questo giallo che per i tifosi rossoblù si sta trasformando in un vero e proprio horror.
Ed ora? Non resta che attendere il 24 gennaio per sapere cosa ne sarà del Bologna: capiremo se i soci avranno la volontà e la forza di traghettare la nave in porto dopo la fuga del comandante e quali scenari di mercato si apriranno.
Che giudizio dare sulla breve parentesi Zanetti?
Il giorno del suo insediamento ha avuto la brillante idea di presentare Baraldi, l'unico personaggio in grado di mettere malumore sia nello spogliatoio che tra i tifosi e prima di fare questa scelta non si è consultato con nessuno degli altri soci. Tutto legittimo, a patto che disponesse della maggioranza assoluta, ossia il 50% più uno delle quote: l'ex presidente ha assunto comportamenti da padrone quando non lo era affatto, indisponendo coloro che come lui hanno deciso di partecipare al progetto e che si sono trovati esclusi dalle decisioni più importanti (vedi la scelta di Baraldi come AD, nonostante non avesse di certo lasciato buoni ricordi...).
Dopo pochi giorni dal suo insediamento è partito per le ferie: scelta legittima, ma in quel momento decisamente inopportuna. Dopo la contestata nomina di Baraldi, sarebbe stato auspicabile che restasse in città per spegnere le polemiche sul nascere, spiegando le ragioni della sua scelta alla squadra e ai tifosi: così facendo avrebbe se non altro rafforzato la sua posizione di leader della cordata, conquistando la fiducia e il rispetto di gran parte dei soci.
Le prime mosse sul mercato sono state di basso, bassissimo profilo: decisamente non sufficienti a garantire la tranquillità promessa ad una squadra che dà la sensazione di avere dato finora il 110% delle proprie possibilità, ma che ciò nonostante si trova a sole tre lunghezze dal baratro, complici i punti di penalizzazione.
Infine la sua uscita di scena, affidata ad un comunicato alla vigilia di una partita fondamentale come quella contro la Lazio: un tempismo che non si addice a chi afferma di amare i colori rossoblù. Avrebbe se non altro potuto attendere e dare l'annuncio delle dimissioni nella giornata di lunedì, evitando di destabilizzare un gruppo di giocatori che finora è riuscito ad isolarsi dalle turbolenze che hanno investito la società in tutti questi mesi e che sicuramente non sentiva il bisogno di fronteggiare questa nuova tempesta.
Questo improvviso voltafaccia lascia una grande amarezza tra tutti quei tifosi che, illusi dal suo nome altisonante, hanno creduto che per il Bologna si aprisse un futuro dorato dopo anni e anni di sofferenze. In realtà, la sensazione è che lui non fosse mai stato pienamente convinto di entrare nel mondo del pallone. E' vero, aveva una solidità economica invidiabile e se solo avesse voluto avrebbe potuto garantire al Bologna un ritorno in grande stile tra le grandi del calcio: ma purtroppo non è questo lo Zanetti che è sbarcato sotto alle due torri. La realtà parla di una persona che nel calcio non voleva investire e che si è fatta coinvolgere controvoglia, ponendo da subito delle condizioni per aderire al progetto: non si era tuffato in questa avventura con il cuore.
Il Bologna merita un presidente che non consideri la sua carica come una mera qualifica, ma come una vera e propria missione: riportare il Bologna al livello che gli compete. Il re del caffé invece si è arreso subito, come quei bambini che se ne vanno col pallone se non si gioca sottostando alle loro regole. Doveva rappresentare un nuovo inizio e invece è stato solo una meteora che ha squarciato il cielo rossoblù abbagliando tutti con la sua luce e che ha lasciato dietro di sé solo un buio pesto.
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