Clamoroso colpo di scena in casa rossoblù: dopo le dichiarazioni rilasciate dal presidente Porcedda alla stampa, nelle quali aveva assicurato di aver saldato gli stipendi nel termine utile per evitare una penalizzazione in classifica, è arrivata la doccia fredda per tutta la Bologna del pallone. I bonifici non risultano essere stati effettuati e, ad aggravare la situazione, è scattato su segnalazione della Covisoc il deferimento del Bologna F.C. 1909 e dei suoi legali rappresentanti anche per il mancato pagamento delle ritenute Irpef sugli stipendi di maggio e giugno (leggi il comunicato stampa).
Cosa significa? E' presto spiegato: il Bologna andrà incontro ad una pesante penalizzazione in classifica per il mancato versamento nel termine massimo degli emolumenti e del'Irpef (si parla di 3 o 4 punti, destinati ad aumentare se non sarà rispettata la scadenza Irpef del 15 dicembre).
Ma quel che è più grave e lascia tutti senza parole è l'atteggiamento dei personaggi coinvolti, in primo luogo del presidente: dopo aver garantito a parole i pagamenti, si è rivolto con tono risentito ai giornalisti che gli chiedevano chiarimenti e rassicurazioni, come se fosse vittima di una diffidenza ingiustificata. E la cosa comica, anche se non fa ridere proprio nessuno, è che in tanti, troppi, credevano fosse davvero così ed accusavano i giornalisti di volerlo screditare a tutti i costi.
Su questo blog, al suo insediamento, avevo espresso molta diffidenza, chiedendogli poche parole e tanti fatti (leggi il post). Ma mi ero ripromesso di giudicarne l'operato in maniera imparziale, senza schierarmi a priori a favore o contro "lo straniero".
Molta gente invece gli ha creduto, dandogli piena fiducia: forse perché era bello sognare un futuro migliore per la propria squadra del cuore, sperare dopo anni di ingiustizie di giocarsi fino alle ultime giornate un posto in Europa League una stagione ogni tanto, senza più la necessità di guardarsi sempre alle spalle per evitare il baratro della serie B. Non si chiedeva lo scudetto. Il proverbio dice che la speranza è sempre l'ultima a morire: ma alla luce di quanto accaduto, quella di vedere un Bologna competitivo e proiettato verso un futuro più roseo è morta.
Ma la vita va avanti, e, guarda un po', ci serve sul piatto d'argento una nuova speranza alla quale aggrapparci: avere ancora una squadra per la quale fare il tifo, per la quale gioire e soffrire, della quale parlare con gli amici e discutere se è meglio schierare il 4-3-3 o un più prudente 4-4-2. Questo dev'essere ora l'unico obiettivo e va perseguito con tutte le nostre forze. Solo restando uniti possiamo far si che almeno questo sogno "di scorta" diventi realtà. E' poco, lo so, ma è tutto ciò che ci resta.
Fino all'ultimo istante la tifoseria ha voluto credere alle parole di un personaggio che, a quanto pare, in questi mesi è stato solo capace di parlare, ma di fatti ne ha fatti pochi, per non dire nessuno. Nella conferenza stampa convocata d'urgenza da Renzo e Francesca Menarini, sono usciti particolari inquietanti, che purtroppo fanno addensare nubi pesantissime sulle possibilità di sopravvivenza del club ad alti livelli: Porcedda non avrebbe ancora versato un euro ai vecchi proprietari, prorogando di volta in volta il termine per rilevare le fideiussioni depositate in Lega. E non avrebbe saldato nemmeno quanto pattuito con il Penarol, se è vero che Gaston Ramirez, l'unico acquisto di un certo spessore, potrebbe già da gennaio fare ritorno al club di provenienza, secondo quanto dichiarato dall'agente del giovane uruguaiano. E con lui potrebbero svincolarsi anche gli altri giocatori, se gli stipendi non dovessero arrivare nel giro di pochi giorni.
E' stato toccato il punto più basso nella storia del BFC dal 1993 ad oggi, ma purtroppo siamo appena all'inizio. Gli scenari non lasciano molti spazi di manovra: o subentra in tempi brevissimi un altro acquirente disposto a tappare tutti i buchi lasciati dalle ultime due dissennate gestioni oppure il vecchio e glorioso Bologna sparirà dal panorama calcistico italiano. Lo hanno lasciato intendere i Menarini, che comunque hanno sottolineato di non voler più la patata bollente tra le mani e di non essere disposti a tornare in sella, negando ogni responsabilità per quanto accaduto. Responsabilità che invece ci sono e sono gravissime: come hanno potuto cedere un bene così rappresentativo per la città ad un personaggio di questo tipo senza fare le dovute verifiche sulla sua solidità economica e sulla sua liquidità? Domanda che per ora non ha avuto risposta e lascia aperti altri possibili scenari.
Porcedda ha raggiunto l'obiettivo che tutti chiedevano: tornare protagonisti sui media nazionali. Ora lo siamo, ma non per i motivi che tutti speravamo, ovvero i buoni risultati sul campo. Siamo diventati la barzelletta del calcio italiano, additati come morosi, sbeffeggiati perfino dai tifosi di squadre che se ci fosse una giustizia uguale per tutti ora non dovrebbero giocare in serie A (e nemmeno tra i professionisti). Siamo stati presi in giro per mesi, con promesse, giri di parole ed ora, per chi fino all'ultimo non ci ha voluto credere, è suonata la sveglia. E davanti agli occhi c'è lo spettro del fallimento, il ritorno nelle serie minori, la fine del calcio ad alti livelli. Dopo la beffa calciopoli, dopo le bufale Tacopina e Taci questa tifoseria non meritava anche questo ultimo schiaffo.
Ma non c'è da stupirsi: è l'intera città che sta colando a picco, coinvolta da un susseguirsi di scandali ravvicinati (vicenda Delbono, l'agonia della Fortitudo) e ciò nonostante inerte e incapace di reagire e di ribellarsi. Ormai siamo stati colonizzati e chi passa da queste parti fa costantemente razzia di quanto poco ancora è rimasto di buono, contando sulla passività di una comunità il cui spirito si sta spegnendo ogni giorno che passa. La bolognesità non esiste più, si è del tutto smarrito il senso di appartenenza al territorio e ai suoi valori: basta fare un giro per le strade del centro per rendersene conto. Questa non è più la città della quale mi ero innamorato, ma nonostante tutto l'ho sempre amata e con essa ho amato le squadre che in questi anni ne hanno difeso l'onore sportivo: su tutte la Fortitudo e il Bologna. La prima mi è stata portata via quest'estate, dopo una lunga agonia. E il Bologna adesso rischia di fare la stessa fine.
Ho aperto questo blog solo 7 mesi fa per seguire ciò che mi appassionava e mettere nero su bianco le mie sensazioni del dopo partita, per creare una sorta di diario virtuale da sfogliare a distanza di anni per rivivere le imprese del mio Bologna e della mia Fortitudo: anni fa quando, Internet non c'era ancora, per tener viva la memoria della promozione in serie A del 1996 e dei primi bellissimi anni sotto la guida tecnica di Ulivieri e poi di Mazzone utilizzavo il mio diario scolastico, ma poi, una volta terminati gli studi, ho accantonato questo tipo di attività, affidandomi solo alla mia memoria di tifoso per rivivere i singoli incontri, i gol e le sensazioni che avevo vissuto in curva o ascoltando le partite alla radio. Ma invecchiando, si sa, la memoria comincia a giocare brutti scherzi: ed ecco che è tornata viva l'esigenza di scrivere e fissare per sempre le emozioni che il Bologna mi ha dato e mi continua a dare: per rendere eterno quel singolo giorno, quello specifico istante, quell'urlo infinito di gioia. Ora rischio seriamente di restare senza nulla di cui parlare e questo mi riempie di tristezza e di rabbia.
Il futuro
Una cosa deve essere chiara: il "signore" venuto dalla Sardegna con tanta chiacchera e pochi fatti non dovrà mai più mettere piede al Dall'Ara. E con lui tutti i suoi tirapiedi. Questa è la posizione dei tifosi ed è pienamente condivisibile. Ha tradito la fiducia di un'intera città, che si era fidata di lui nonostante le sue possibilità economiche fossero tutt'altro che trasparenti. Si sperava che con un po' di lungimiranza e buona amministazione il fatto di non disporre di risorse illimitate potesse non essere di ostacolo al rilancio definitivo del nostro storico club. Purché qualche risorsa di base ci fosse. Ora è inutile che provi ad arrampicarsi sugli specchi: finora ha vissuto sotto le luci della ribalta senza tirare fuori un euro dal taschino, non onorando gli impegni con i precedenti proprietari, con il Penarol per Ramirez, con i giocatori e con il fisco (e questo da contribuente fa ancora più rabbia). Per mia sfortuna di gente come lui ne conosco anche troppa: le promesse non valgono nulla, i pagherò sono solo un modo per prendere tempo e stare ancora sulla giostra col tipico sorriso di chi si crede intoccabile. Cos'è venuto a fare a Bologna? La sensazione è che si sia appena scoperchiata una pentola e che il suo contenuto, ancora tutto da scoprire, emani odori tutt'altro che soavi.
Il fallimento sarebbe una calamità: ma restare nelle mani di Porcedda come la Fortitudo è rimasta agonizzante nelle mani di Sacrati, sarebbe ancora peggio. Tanto col sardo al timone il destino ormai è segnato: in queste condizioni la retrocessione è assicurata e il prossimo anno molto probabilmente non ci si iscriverà nemmeno alla serie B. Occorrerebbe un miracolo, trovare in fretta e furia un compratore disposto a saldare tutte le passività, per evitare di incorrere in altre penalizzazioni e scongiurare la messa in mora della società da parte dei giocatori. Ma se nessuno si era fatto avanti prima, lasciando che il Bologna finisse nelle mani di questo avventuriero, nulla fa presagire un epilogo a lieto fine per i colori rossoblù.
In ogni caso, finché ci sarà una speranza, vale la pena di lottare: bisogna salvare 101 anni di storia, 7 scudetti (si, ben sette, alla faccia di tutti coloro che pensano che il Bologna sia una squadretta di provincia come tante altre), 2 Coppe Italia, 2 Coppe dell'Europa Centrale (la principale competizione europea prima dell'introduzione della Coppa dei Campioni), 1 Torneo dell'Esposizione di Parigi, 1 Mitropa Cup, 1 Coppa di Lega Italo-Inglese, 1 Coppa Intertoto (l'unico trionfo che ho avuto il privilegio di vivere in prima persona).
In ogni caso una cosa è prioritaria: restare compatti come tifoseria. Con le casse societarie vuote, il vero patrimonio del Bologna, l'unica ragione che lo può rendere appetibile per un eventuale compratore, siamo noi. Se ci disperdiamo, è davvero finita.
FORZA BOLOGNA, ora come non mai!
Cosa significa? E' presto spiegato: il Bologna andrà incontro ad una pesante penalizzazione in classifica per il mancato versamento nel termine massimo degli emolumenti e del'Irpef (si parla di 3 o 4 punti, destinati ad aumentare se non sarà rispettata la scadenza Irpef del 15 dicembre).
Ma quel che è più grave e lascia tutti senza parole è l'atteggiamento dei personaggi coinvolti, in primo luogo del presidente: dopo aver garantito a parole i pagamenti, si è rivolto con tono risentito ai giornalisti che gli chiedevano chiarimenti e rassicurazioni, come se fosse vittima di una diffidenza ingiustificata. E la cosa comica, anche se non fa ridere proprio nessuno, è che in tanti, troppi, credevano fosse davvero così ed accusavano i giornalisti di volerlo screditare a tutti i costi.
Su questo blog, al suo insediamento, avevo espresso molta diffidenza, chiedendogli poche parole e tanti fatti (leggi il post). Ma mi ero ripromesso di giudicarne l'operato in maniera imparziale, senza schierarmi a priori a favore o contro "lo straniero".
Molta gente invece gli ha creduto, dandogli piena fiducia: forse perché era bello sognare un futuro migliore per la propria squadra del cuore, sperare dopo anni di ingiustizie di giocarsi fino alle ultime giornate un posto in Europa League una stagione ogni tanto, senza più la necessità di guardarsi sempre alle spalle per evitare il baratro della serie B. Non si chiedeva lo scudetto. Il proverbio dice che la speranza è sempre l'ultima a morire: ma alla luce di quanto accaduto, quella di vedere un Bologna competitivo e proiettato verso un futuro più roseo è morta.
Ma la vita va avanti, e, guarda un po', ci serve sul piatto d'argento una nuova speranza alla quale aggrapparci: avere ancora una squadra per la quale fare il tifo, per la quale gioire e soffrire, della quale parlare con gli amici e discutere se è meglio schierare il 4-3-3 o un più prudente 4-4-2. Questo dev'essere ora l'unico obiettivo e va perseguito con tutte le nostre forze. Solo restando uniti possiamo far si che almeno questo sogno "di scorta" diventi realtà. E' poco, lo so, ma è tutto ciò che ci resta.
Fino all'ultimo istante la tifoseria ha voluto credere alle parole di un personaggio che, a quanto pare, in questi mesi è stato solo capace di parlare, ma di fatti ne ha fatti pochi, per non dire nessuno. Nella conferenza stampa convocata d'urgenza da Renzo e Francesca Menarini, sono usciti particolari inquietanti, che purtroppo fanno addensare nubi pesantissime sulle possibilità di sopravvivenza del club ad alti livelli: Porcedda non avrebbe ancora versato un euro ai vecchi proprietari, prorogando di volta in volta il termine per rilevare le fideiussioni depositate in Lega. E non avrebbe saldato nemmeno quanto pattuito con il Penarol, se è vero che Gaston Ramirez, l'unico acquisto di un certo spessore, potrebbe già da gennaio fare ritorno al club di provenienza, secondo quanto dichiarato dall'agente del giovane uruguaiano. E con lui potrebbero svincolarsi anche gli altri giocatori, se gli stipendi non dovessero arrivare nel giro di pochi giorni.
E' stato toccato il punto più basso nella storia del BFC dal 1993 ad oggi, ma purtroppo siamo appena all'inizio. Gli scenari non lasciano molti spazi di manovra: o subentra in tempi brevissimi un altro acquirente disposto a tappare tutti i buchi lasciati dalle ultime due dissennate gestioni oppure il vecchio e glorioso Bologna sparirà dal panorama calcistico italiano. Lo hanno lasciato intendere i Menarini, che comunque hanno sottolineato di non voler più la patata bollente tra le mani e di non essere disposti a tornare in sella, negando ogni responsabilità per quanto accaduto. Responsabilità che invece ci sono e sono gravissime: come hanno potuto cedere un bene così rappresentativo per la città ad un personaggio di questo tipo senza fare le dovute verifiche sulla sua solidità economica e sulla sua liquidità? Domanda che per ora non ha avuto risposta e lascia aperti altri possibili scenari.
Porcedda ha raggiunto l'obiettivo che tutti chiedevano: tornare protagonisti sui media nazionali. Ora lo siamo, ma non per i motivi che tutti speravamo, ovvero i buoni risultati sul campo. Siamo diventati la barzelletta del calcio italiano, additati come morosi, sbeffeggiati perfino dai tifosi di squadre che se ci fosse una giustizia uguale per tutti ora non dovrebbero giocare in serie A (e nemmeno tra i professionisti). Siamo stati presi in giro per mesi, con promesse, giri di parole ed ora, per chi fino all'ultimo non ci ha voluto credere, è suonata la sveglia. E davanti agli occhi c'è lo spettro del fallimento, il ritorno nelle serie minori, la fine del calcio ad alti livelli. Dopo la beffa calciopoli, dopo le bufale Tacopina e Taci questa tifoseria non meritava anche questo ultimo schiaffo.
Ma non c'è da stupirsi: è l'intera città che sta colando a picco, coinvolta da un susseguirsi di scandali ravvicinati (vicenda Delbono, l'agonia della Fortitudo) e ciò nonostante inerte e incapace di reagire e di ribellarsi. Ormai siamo stati colonizzati e chi passa da queste parti fa costantemente razzia di quanto poco ancora è rimasto di buono, contando sulla passività di una comunità il cui spirito si sta spegnendo ogni giorno che passa. La bolognesità non esiste più, si è del tutto smarrito il senso di appartenenza al territorio e ai suoi valori: basta fare un giro per le strade del centro per rendersene conto. Questa non è più la città della quale mi ero innamorato, ma nonostante tutto l'ho sempre amata e con essa ho amato le squadre che in questi anni ne hanno difeso l'onore sportivo: su tutte la Fortitudo e il Bologna. La prima mi è stata portata via quest'estate, dopo una lunga agonia. E il Bologna adesso rischia di fare la stessa fine.
Ho aperto questo blog solo 7 mesi fa per seguire ciò che mi appassionava e mettere nero su bianco le mie sensazioni del dopo partita, per creare una sorta di diario virtuale da sfogliare a distanza di anni per rivivere le imprese del mio Bologna e della mia Fortitudo: anni fa quando, Internet non c'era ancora, per tener viva la memoria della promozione in serie A del 1996 e dei primi bellissimi anni sotto la guida tecnica di Ulivieri e poi di Mazzone utilizzavo il mio diario scolastico, ma poi, una volta terminati gli studi, ho accantonato questo tipo di attività, affidandomi solo alla mia memoria di tifoso per rivivere i singoli incontri, i gol e le sensazioni che avevo vissuto in curva o ascoltando le partite alla radio. Ma invecchiando, si sa, la memoria comincia a giocare brutti scherzi: ed ecco che è tornata viva l'esigenza di scrivere e fissare per sempre le emozioni che il Bologna mi ha dato e mi continua a dare: per rendere eterno quel singolo giorno, quello specifico istante, quell'urlo infinito di gioia. Ora rischio seriamente di restare senza nulla di cui parlare e questo mi riempie di tristezza e di rabbia.
Il futuro
Una cosa deve essere chiara: il "signore" venuto dalla Sardegna con tanta chiacchera e pochi fatti non dovrà mai più mettere piede al Dall'Ara. E con lui tutti i suoi tirapiedi. Questa è la posizione dei tifosi ed è pienamente condivisibile. Ha tradito la fiducia di un'intera città, che si era fidata di lui nonostante le sue possibilità economiche fossero tutt'altro che trasparenti. Si sperava che con un po' di lungimiranza e buona amministazione il fatto di non disporre di risorse illimitate potesse non essere di ostacolo al rilancio definitivo del nostro storico club. Purché qualche risorsa di base ci fosse. Ora è inutile che provi ad arrampicarsi sugli specchi: finora ha vissuto sotto le luci della ribalta senza tirare fuori un euro dal taschino, non onorando gli impegni con i precedenti proprietari, con il Penarol per Ramirez, con i giocatori e con il fisco (e questo da contribuente fa ancora più rabbia). Per mia sfortuna di gente come lui ne conosco anche troppa: le promesse non valgono nulla, i pagherò sono solo un modo per prendere tempo e stare ancora sulla giostra col tipico sorriso di chi si crede intoccabile. Cos'è venuto a fare a Bologna? La sensazione è che si sia appena scoperchiata una pentola e che il suo contenuto, ancora tutto da scoprire, emani odori tutt'altro che soavi.
Il fallimento sarebbe una calamità: ma restare nelle mani di Porcedda come la Fortitudo è rimasta agonizzante nelle mani di Sacrati, sarebbe ancora peggio. Tanto col sardo al timone il destino ormai è segnato: in queste condizioni la retrocessione è assicurata e il prossimo anno molto probabilmente non ci si iscriverà nemmeno alla serie B. Occorrerebbe un miracolo, trovare in fretta e furia un compratore disposto a saldare tutte le passività, per evitare di incorrere in altre penalizzazioni e scongiurare la messa in mora della società da parte dei giocatori. Ma se nessuno si era fatto avanti prima, lasciando che il Bologna finisse nelle mani di questo avventuriero, nulla fa presagire un epilogo a lieto fine per i colori rossoblù.
In ogni caso, finché ci sarà una speranza, vale la pena di lottare: bisogna salvare 101 anni di storia, 7 scudetti (si, ben sette, alla faccia di tutti coloro che pensano che il Bologna sia una squadretta di provincia come tante altre), 2 Coppe Italia, 2 Coppe dell'Europa Centrale (la principale competizione europea prima dell'introduzione della Coppa dei Campioni), 1 Torneo dell'Esposizione di Parigi, 1 Mitropa Cup, 1 Coppa di Lega Italo-Inglese, 1 Coppa Intertoto (l'unico trionfo che ho avuto il privilegio di vivere in prima persona).
In ogni caso una cosa è prioritaria: restare compatti come tifoseria. Con le casse societarie vuote, il vero patrimonio del Bologna, l'unica ragione che lo può rendere appetibile per un eventuale compratore, siamo noi. Se ci disperdiamo, è davvero finita.
FORZA BOLOGNA, ora come non mai!
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